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Il FAGIOLO antico di SAN QUIRINO e quelli targati FVG

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by Davide Zitter
Il FAGIOLO antico  di SAN QUIRINO  e quelli targati FVG
Photo by Shelley Pauls / Unsplash

di Rossella Dosso

Dal XII secolo la fava era, rispetto agli altri legumi, la più presente nei rigogliosi orti regionali. Poi, nel secolo XV, i fagioli all’occhio (quelli piccolini, con la macchia scura dove il seme si collega al baccello), le lenticchie e i ceci presero il sopravvento; e nel ᾿600, i fagioli arrivati dall’America misero la freccia, sistemandosi in pole position. Mancando la carne, che si mangiava praticamente solo nelle feste comandate, l’alternativa erano proprio i fagioli, considerati la carne dei poveri per il loro significativo apporto proteico. Si narra infatti che fino agli Anni ’20 i friulani ne consumassero ben quindici chili all’anno. Un dato clamoroso, se consideriamo che oggi il consumo è sceso in picchiata: circa tre chilogrammi pro capite. In regione le varietà censite sono circa 150, e le migliori dal punto di vista agronomico sono state iscritte nel registro nazionale. Questi legumi si distinguono tra rampicanti e nani, per lo spessore della pellicola, in base alla facilità di assorbire l’acqua in ammollo, per la resistenza alle malattie e per la maggiore produttività. Riguardo ai fagioli, i consumatori del Friuli Venezia Giulia sono piuttosto esterofili: infatti solo il 30% del prodotto locale arriva sulle nostre tavole, ed è un peccato, perchè alcune delle specie autoctone sono da mettere in cornice per le loro particolari qualità organolettiche, come i borlotti della Carnia (la patria di questi legumi), dove a Cavazzo Carnico, accanto al lago cristallino, i suoi placidi orticelli ci regalano il Fagiolo del Santisim, per la macchia a forma di ostensorio che lo contraddistingue. Virando in Val Pesarina troviamo il celeberrimo borlotto di Pesariis, il paese degli orologi, e risalendo la valle del Cornappo, a Platischis, incontriamo l’omonimo multicolore fagiolo gigante; mentre nell’alta pianura del Friuli Occidentale, tra i Magredi paciosi, scopriamo il Fagiolo antico di San Quirino, che custodisce una vicenda dalla parvenza romanzesca. La raccontiamo. La famiglia Rossi Mel coltivava nell’orto di casa, di generazione in generazione, una semente che produceva dei fagioli dal gusto particolarmente gradevole, i quali davano il meglio quando erano utilizzati in un piatto della tradizione familiare: la classica minestra di fagioli. Un giorno furono invitati a pranzo degli amici che gradirono talmente la zuppa, al punto da convincere gli ospiti a indagare sull’origine di quegli splendidi fagioli, suggerendo loro di interessare l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale, che constatò come quella specie di fagiolo non fosse mai comparsa nei radar. Morale della favola: seguendo le indicazioni dell’ERSA, Donato Arnese e la moglie Roberta Rossi Mel, assieme al fratello di lei, Cristian Rossi Mel, intrapresero un percorso che portò al riconoscimento del fagiolo quale “prodotto agroalimentare tradizionale”, oggetto di tutela. Successivamente fu certificato che la sua coltivazione avveniva secondo l’antico metodo usato dalla famiglia, rigorosamente a mano, dalla semina al raccolto, alla selezione delle sementi, e sulla base di tali requisiti, il Fagiolo antico di San Quirino è entrato a vele spiegate nell’Olimpo di Slow Food Italia. Oggi viene coltivato dalle due aziende che si riferiscono alle famiglie Arnese e Rossi Mel, e da una terza realtà agricola, le quali realizzano una produzione di nicchia che si attesta sui 10 quintali all’anno, di cui 5 declinati alla prima scelta e 5 alla seconda scelta, al prezzo medio di 21 euro al chilogrammo. Il fagiolo di San Quirino si esalta quando diventa l’ingrediente principe dei piatti tradizionali, come la celebre Jota o i Fasoi e frumenton, ma avendo una buccia molto sottile e la polpa particolarmente compatta, si presta a molteplici succulente declinazioni gastronomiche.

LA RICETTA

FASOI E FRUMENTON

Sciacquare i fagioli e i grani di frumento perlato e ammollarli. Poi unirli in pentola con lardo battuto e cuocere per 180 minuti. A metà cottura aggiungere prezzemolo, olio, patate a pezzi, sale e pepe. Le patate vanno poi schiacciate.

Fonte: paese di San Quirino, ricette.

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da Davide Zitter

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